Ri-Vestire
Questi abiti sono il risultato di una ricerca in progress partita
dall'iniziativa di un Laboratorio di Progettazione, all'interno della Scuola di
Architettura e Disegno Industriale ''Eduardo Vittoria'' ad Ascoli Piceno, e che
ora esce dalle mura accademiche per misurarsi con la realtà di una regione ad
alto tasso di capacità artigiana nel settore dell'abbigliamento, ma con ancora
molto da esprimere e sperimentare nel campo
della creatività.
Lo scorso anno abbiamo cercato di progettare direttamente con i materiali di
recupero, alternando il progetto disegnato con l'azione fisica del trasformare,
con l'intento di sperimentare la trasformazione tipologica, tramite innesti e
usi alternativi, creando oggetti di un possibile arredo domestico, ibridi e
ambigui, lasciando quindi al fruitore molteplici interpretazioni e più gradi di
libertà creativa.
Quest'anno, coscienti del fatto che l'industria dell'abbigliamento rappresenta
un contributo fondamentale all'economia della regione Marche e come la
produzione, dislocata in più distretti, elabora diverse tipologie, dalle
calzature al vestiario tecnico, abbiamo ritenuto importante sperimentare e
ragionare sul progetto del vestito come microarchitettura.
Non ci siamo occupati del sistema della moda, se non per riconoscere come oggi
il fenomeno, parte essenziale dell'economia dei consumi e dell'artificialità del
mercato, rientri nel ciclo del continuo cambiamento dei modelli, per la
creazione di una pianificata obsolescenza e quindi di un mai interrotto
rinnovamento del desiderio all'acquisto.
Ci siamo posti in linea invece con le ricerche che hanno sperimentato il sottile
limite tra vestito e architettura, considerando l'abito come un sostituto
dell'ambiente domestico o la sua trasformabilità in protesi architettonica.
Se la città non è più riconoscibile come luogo fisico, forma costruita e
conclusa contrapposta alla campagna, ma la si vive ovunque come condizione
urbana, attraverso i messaggi veicolati dagli oggetti, dalla merce, allora
vediamo come anche l'architettura si avvia a perdere le sue caratteristiche di
costruzione di limiti e recinti, meccanica e pesante, per essere sostituita da
oggetti come architetture leggere, indossabili, trasformabili, per un'umanità
nomade, che vuole essere dovunque a casa propria.
Tre sono state le regole della nostra sperimentazione:
la sostenibilità dei materiali impiegati
la multifunzionalità come trasformabilità
- il fai da te, come facilità di assemblaggio
Gli studenti hanno lavorato divisi in coppie cosi' che ognuno ha progettato e
realizzato un abito per l'altro. Il procedimento di progettazione si è avvalso
di disegni a mano, di fotomontaggi digitali realizzati sulle fotografie dello
studente o studentessa come modello, ma anche dal lavoro diretto di fasciature
di stoffa sui corpi.
1- Il primo tema è stato l'ideazione e realizzazione di un vestito riciclando
materiali naturali e artificiali.
2- Il secondo ha ristretto la scelta del materiale da reciclare all'uso del
''Pluriball'' con possibili inserti di altri materiali.
3- Il terzo ha richiesto il recupero di capi di abbigliamento dismessi, il loro
smontaggio e la ricomposizione in un abito possibilmente senza distinzione di
genere o tipo.
4- Il quarto esperimento consiste nel ri-vestire un oggetto inanimato e un corpo
vivo. L'oggetto sarà una sedia usata e recuperata per accoglierà il corpo
vestito, utilizzando materiali diversi reciclati, con la limitazione cromatica
del colore grigio nelle sue varie sfumature.
Questo ultimo progetto si inserisce nella linea di sperimentazione del Centro
Studi Poltronova e sarà presentato al Centro per l'arte contemporanea Luigi
Pecci a Prato.